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Letture e visioni

Aborto, le parole per dirlo

C’è una data in cui, in Italia, comincia a cambiare il modo con il quale, nel discorso pubblico, si affronta il tema dell’aborto. Il punto di svolta è il 2005, il fallimento del referendum sulla procreazione medicalmente assistita per la modifica della legge 40. Creatura a mezzo tra la biologia, la giurisprudenza e il fervore religioso, il “concepito” conquista da quel momento gli onori delle cronache. Cambiano così i termini del conflitto rispetto a quando, negli anni ’70, si lottava per legalizzare l’aborto: il terreno sul quale si contende non è più apertamente la sessualità e la sua esplicazione nel vincolo matrimoniale a scopo riproduttivo, ma “la vita umana” e in particolare il suo inizio e la sua fine.

Partiamo da quel punto di svolta per una panoramica sulle pubblicazioni – tutte femminili – in materia di aborto: tra pochi giorni, il 27 maggio, la legge che lo regolamenta, la 194, compirà infatti, tra molte fatiche di applicazione, 37 anni. Nel 2006, con La colpa delle donne (Ponte alle grazie), Ritanna Armeni fa un bilancio dell’applicazione della legge e un quadro di quelli che definisce “i nuovi crociati”. È un’inchiesta giornalistica che ha come bordi temporali due referendum, quello del 1981, che sancisce la momentanea sconfitta del Movimento per la vita e la conferma della legge 194, e quello sulla fecondazione assistita, appunto.

L’ambivalenza con cui lo Stato italiano è intervenuto nella questione si è concretizzata fin dai primi anni della legge in ostacoli e balzelli posti sul percorso di chi decide di interrompere la gravidanza. Correva l’anno 1981, quando Laura Conti ne Il tormento e lo scudo (Mazzotta) scriveva: “La legge 194 non è una legge che consente l’aborto. E’ una legge lo vieta, salvo che in certe circostanze”. La ricorda Cecilia D’Elia, nel suo L’aborto e la responsabilità (Ediesse, 2008). Forte di un percorso militante, la D’Elia ripercorre in un libro agile e succoso quarant’anni di dibattito attraverso documenti prodotti dal femminismo nelle sue diverse e conflittuali articolazioni.

Utile anche perché delinea che cosa si intenda per “autodeterminazione”. Nello stesso anno esce anche Piove sul nostro amore. Una storia di donne, medici, aborti, predicatori e apprendisti stregoni (Feltrinelli) di Silvia Ballestra, che comincia da un 8 marzo particolare, con Giuliano Ferrara in piazza e la sua lista elettorale per la “moratoria sull’aborto”. Ballestra guida con grazia e abilità di scrittrice, una nota di leggerezza pervade il libro e aiuta a berselo come un racconto di viaggio, prima nella galassia Movimento per la vita, poi nell’incontro con la realtà dell’aborto e con la sua indicibilità.

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Foto di Liliana Barchiesi

Informazioni su EC

Giornalista pubblicista, bibliotecaria, web content editor, video-maker. Argomenti: diritto alla salute e salute riproduttiva, contrasto alla violenza di genere, studi di genere, cittadinanza attiva Instagram: @Eleonora_Cir

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