l ministero della Salute, dall’inizio dell’emergenza sanitaria, ha ribadito che l’interruzione di gravidanza è una prestazione non differibile. Ma nonostante gli appelli non ha dato il via libera all’aborto farmacologico da casa che avrebbe ridotto gli spostamenti delle donne e ridotto i tempi. Ilfattoquotidiano.it ha raccolto le voci di chi nelle ultime settimane ha dovuto abortire tra difficoltà e ostacoli
Reparti chiusi, mancanza di servizi per l’orientamento e ritardi. Le testimonianze raccolte da ilfattoquotidiano.it da Nord a Sud dell’Italia raccontano come interrompere la gravidanza durante l’emergenza sanitaria per il coronavirus sia stato in molti casi difficoltoso. Il ministero della Salute, nonostante gli appelli perché fosse reso possibile l’aborto farmacologico a casa, si è limitato a ribadire che l’interruzione di gravidanza è una prestazione non differibile.
In Italia l’aborto è garantito solo nel 64% circa delle strutture. Una situazione precaria che mette a rischio il diritto tutelato dalla legge 194, a cui si aggiungono: i buchi nella continuità assistenziale e la frammentazione dei servizi. Una delle prime problematiche per chi ha dovuto abortire in piena emergenza covid, è stata la mancanza di un sito istituzionale in cui fossero raccolte tutte le informazioni necessarie. Dove andare, a chi chiedere aiuto e come muoversi. Proprio per aiutare le donne in difficoltà, sono nate iniziative spontanee in rete di soccorso: dalla rete di Consultori privati laici al canale Telegram SOS Aborto_Covid-19, organizzato da Obiezione respinta, fino al blog “IVG-ho abortito e sto benissimo” che ha raccolto numerose segnalazioni.
Leggi tutto l’articolo su ilfattoquotidiano.it (7 maggio 2020)
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