L’aborto è sempre un trauma? Si è posta questa domanda Claudia Mattalucci, antropologa, nel raccogliere ed analizzare testimonianze di donne che hanno fatto una interruzione volontaria di gravidanza prima, quando era illegale, e adesso. La risposta è un invito ad interrogarsi sul senso che attribuiamo alla parola ‘trauma’ (e sull’uso strumentale che ne viene fatto da chi vorrebbe riportare l’aborto nell’illegalità). Ed è anche una riflessione sulla necessità di dare voce alle esperienze di aborto che non ricadono sotto la categoria di sofferenza. Questo è il suo intervento per l’iniziativa organizzata da Non una di meno Milano in occasione dei quarant’anni della legge 194.
“Sono passati quarant’anni dall’approvazione della legge 194. Se confrontiamo le testimonianze delle donne che hanno abortito negli anni ’70, prima dell’approvazione della legge, con quelle delle donne che hanno abortito dopo, ci accorgiamo del grande cambiamento che la legge ha prodotto sulle esperienze delle donne. L’aborto legale e sicuro fa la differenza. Come antropologa culturale, nel corso degli ultimi dieci anni ho raccolto storie di donne che hanno avuto interruzioni volontarie di gravidanza in diversi anni e momenti della loro vita, così come ho letto le molte storie di aborti clandestini raccolte e pubblicate negli anni Settanta.
Ci sono alcune parole ricorrenti nelle testimonianze delle donne che hanno abortito allora che oggi non si sentono più, almeno nei racconti di chi ha aborti legali eseguiti attraverso procedure sicure.”
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