Avevo 19 anni quando mi è capitato di interrompere la gravidanza, nel 2004. Vi racconto la mia storia perché spero che possa essere utile a chi, come me, l’ha vissuta o la sta vivendo.
Era estate quando mi sono accorta di essere rimasta incinta. Ho fatto vari test, ma io ero convinta che tutti fossero dei falsi. Dicevo “no non è possibile, non è possibile”. Poi sono tornata a Milano, i miei genitori non c’erano, c’era solo il mio ragazzo dell’epoca, e … e lì ho ricordi in realtà un po’ confusi, mi sono fatta prendere completamente dal panico. Però mi ricordo che ho fatto riferimento al mio medico di base per capire dove andare, alla mia ginecologa e alla ginecologa della mamma del mio ragazzo.
Con l’ecografia e il certificato di accertamento della gravidanza sono andata dal mio medico di base (una donna), che non ha avuto reazioni particolari. Mi ha solo detto che probabilmente avrei trovato quasi tutte donne immigrate e mi ha indicato due ospedali dove andare, Buzzi e Macedonio Melloni.
In ospedale
Sono andata in ospedale e mi sono informata sulle procedure. Perché ci sono delle procedure per l’accesso un po’ particolari. Sono due giorni alla settimana in orari specifici, tipo dalle sette mezzo del mattino, le prime dieci persone. Si va lì prestissimo, con modalità accampamento, e le prime che arrivano meglio alloggiano. Mi ricordo che ho dovuto chiedere perché non trovavamo il posto dove andare e mi ricordo che, non nel fare le visite ma sicuramente per fare l’intervento, si passa da neonatologia, donne incinte… sì sì, quello sì. Ci sono andata con mia mamma e con il mio ragazzo.
Si fa una specie di day hospital, con esami del sangue e altri, e poi ti fissano la data dell’intervento. Si fa un colloquio con ginecologo e infermiera. Pessimo. C’era freddezza, mi sono sentita molto giudicata, mi hanno chiesto cos’era successo, perché ero rimasta incinta. Avevo spiegato che avevo preso per diverso tempo la pillola, però avevo cominciato che ero piccola, a 16 anni, l’avevo presa per due o tre anni e poi mi aveva dato diversi effetti collaterali e quindi ho smesso di prenderla con l’intenzione di prende qualcos’altro. Tra gli effetti collaterali c’era l’ingrassare, ma non lo dicevo dal punto di vista estetico, avevo le transaminasi altissime. Invece il ginecologo lo ha preso come elemento di estetica, e ha commentato in tono paternalista “eh beh però signorina, ricominci a prendere la pillola”. Insomma mi ha redarguito per non essere stata abbastanza attenta.
L’intervento è avvenuto circa due settimane dopo. Sono arrivata, anche lì day hospital. Abbiamo fatto delle robe burocratiche. Poi mi hanno messo in una stanza con un’altra donna, mi ricordo che era cinese e non spiccicava una parola di italiano. Poverina stava anche male, continuava a vomitare. Mi hanno preparata per l’intervento e poi mi ricordo solo che ho dovuto contare per l’anestesia e poi mi sono addormentata. Siamo dovuti passare per andare giù nella sala operatoria, da donne incinte, donne che avevano appena partorito, insomma una roba abbastanza truce, poi mi ricordo solo che mi sono risvegliata dall’anestesia. Mi hanno tenuta solo qualche ora e poi basta, sono andata a casa.
Non ricordo nessuno che abbia avuto cura, cioè è stata una cosa molto fredda, estremamente fredda, con il minimo indispensabile però di tipo proprio pratico, mi ricordo, a parte l’ansia e il turbinio di emozioni, mi ricordo avvilita. Un sentimento di questo tipo. Io non ho fatto nella vita altri interventi di altro tipo, però io mi ricordo proprio un clima. Poi non so quanto ci sia di mia proiezione, però ricordo un clima cupo, di tensione, di freddezza.
In questi casi basterebbero gesti semplici, tipo appoggiare una mano sulla spalla.
Un turbinio di emozioni
Io ero in preda a un turbinio di emozioni.
Tanta confusione, prima di tutto. È stato difficile scegliere, decidere, anche se io non mi pento della scelta che ho fatto. Ero troppo giovane, avevo in mente altro per me. Stavo studiando, avevo appena iniziato l’università. Ciò non toglie che sia stato molto difficile, anche dopo, anche adesso che sono passati quasi dieci anni, non è una questione propriamente risolta.
Tanta solitudine. … Col mio ragazzo poi ci siamo lasciati pochi mesi dopo, lui è stato propri un gran pasticcione.
E poi, vergogna. Come se fosse proprio una roba da … un tabù, da non dire, da non chiedere troppo. Io ho fatto fatica comunque a chiedere ai miei genitori, al mio medico, è stato molto difficile.
Contraccezione
Quasi subito all’inizio della mia attività sessuale ho deciso di prendere la pillola, perché mi sembrava la roba più semplice. Non avevo in mente che è un medicinale e devo dire che me l’hanno data anche con molta leggerezza. Me l’ha prescritta il medico di base, che poi è una donna.
Quando ho sospeso la pillola è stata una decisione superficiale, ma di una superficialità proprio ingenua, per dire “sono abituata così però non mi pongo il problema che adesso non c’è la pillola, ma sì” … Sul preservativo c’è il “eh ma da fastidio, eh ma non si sente niente, eh ma almeno con la pillola sei tranquilla”, che poi non è vero perché ci sono le malattie. Dopo avere sospeso la pillola facevamo con il coito interrotto. Però l’abbiamo vissuto molto “ma sì cosa vuoi che succeda, sei venuto fuori, figurati”. Avevo pure sbagliato a fare i conti, pensavo di non essere in periodo fertile invece ero proprio in piena ovulazione. Quindi non mi sono neanche posta il problema della pillola del giorno dopo.
Al consultorio sono andata solo più avanti, per la pillola del giorno dopo, che mi è capitato di prendere due volte. In realtà non ce n’era bisogno però io ero in iper-paranoia, quindi la ginecologa ha detto io gliela do, però è guardi che è solo per tranquillizzarla.
Dopo l’esperienza dell’aborto mi si è sviluppata una consapevolezza che non avevo e ho cominciato ad informarmi, auto-formarmi, cercare, fare e adesso sono preparatissima, potrei tenere corsi! Prima era soltanto uno scambio tra amiche. A scuola abbiamo fatto forse qualcosa alle medie, su come funziona il ciclo femminile, ma niente di più. Con le amiche si parlava molto di sesso ma poco di contraccezione.
Genitori, fidanzato, amiche
I miei non hanno reagito benissimo. Non sono cattolici, sono pseudo-credenti, ma non sono cattolici. Però insomma, sono nati fra gli anni trenta e i quaranta, è un’altra cultura, un’altra mentalità. Mio papà credo che si sia spaventato a morte e che se la vissuta male, tempo dopo se n’è uscito con delle frasi che io credo siano difensive, iipo “eh no, secondo me è un omicidio”, proprio scollegato dal fatto che l’avevo vissuto io. Mia mamma credo che sapesse esattamente quello che stavo passando ma non è riuscita a starmi vicino. Ha messo una barriera. Forse si è sentita lei in colpa per non essere riuscita a tutelarmi.
Il mio ragazzo è stato proprio un emerito deficiente. Eravamo insieme da tre anni, è stato il mio grande amore, anche adesso ho un’ambivalenza terrificante nei suoi confronti, amore e odio. Quando ce ne siamo accorti eravamo sull’onda dell’entusiasmo, “ma sì, ce la facciamo, andiamo avanti con l’università, riusciamo a fare tutto”. Poi in realtà avremmo anche potuto farcela ma io non me la sentivo, ero troppo … ma tutt’ora, non riesco a tenermi insieme io, ma no! Lui c’era e non c’era. Siamo tornati a Milano, non riuscivamo a prendere una decisione insieme, era un continuo oggi sì domani no, finché lui non ha deciso che sua mamma era da sola in montagna e quindi mi ha lasciato per due settimane proprio da sola, era pieno agosto. Poi al ritorno c’è stato fisicamente ma non emotivamente. Ci siamo lasciati tre mesi dopo.
Le mie amiche non sanno niente. Solo con una mia amica ne ho parlato, perché è successo anche a lei. Forse ci ho provato con un paio ma in maniera molto superficiale nel senso che non sono state molto in grado di capire. Poi le altre no. Non sono in grado di sostenere il giudizio, non ce la faccio. No. Una volta che l’avevo detto a una mia amica la risposta era stata “beh io non lo farei mai però mi dispiace per te”. In realtà dispiace che tu ti dispiaccia per me, sinceramente. Mi dà fastidio suscitare reazioni di giudizio o quasi di pietà. Se devo essere guardata come quella che ogni volta che viene fuori il discorso “ah poverina a lei è successo”, ecco, no. Non riesco, non ce la faccio ancora.
La gestione del trauma
Dopo l’aborto ho avuto un disturbo post-traumatico, stavo proprio male. Ho avuto per un bel po’ crisi di pianto dal nulla, avevo un po’ di flash back, ansia, mi sono buttata a capofitto nello studio proprio per non pensare, per staccarmi un po’.
Per tanto tempo non ho più fatto sesso, anche per più di un anno, e dopo l’ho vissuto con molta fatica, per almeno tre o quattro anni. Per me era molto difficile.
Usavo i contraccettivi ma ero in iper-ansia lo stesso. Non ho più preso la pillola. Un po’ perché mi dava problemi, ho scoperto di non poterla prendere per familiarità alle trombosi e ai tumori, in famiglia. Poi perché informandomi non avevo più voglia di tutta la chimica. Però ho cominciato a usare il preservativo bene. Avevo comunque sempre paura e a pensarci provo … tenerezza verso me stessa. Il primo anno proprio ho detto “ok no, facciamo che no”. Poi ho riprovato, ma non riuscivo a lasciarmi andare. Poi ho trovato un altro fidanzato, però lì non riuscivo più a raggiungere l’orgasmo. Sono stati tre anni in cui mi sono bloccata completamente, disastri a livello di coppia. E poi pian pianino …
Ho cercato aiuto, nel frattempo. Ho fatto counselling all’Università perché c’era lo psicologo gratuito. Abbiamo fatto qualche colloquio ma poi mi ha rinviata a una terapeuta. Ho provato a fare una terapia però era terapia breve quindi in realtà mi è servito molto sul sintomo, ma non … poi, facendo psicologia, scegliendo di fare una scuola specialità, è da un anno che sono in terapia, una terapia lunga e questo mi sta aiutando sicuramente.
Che cosa è stato a scatenare questo disagio, non è semplice da spiegare.
È stata senz’altro una decisione difficile, perché da un lato è stato giusto in quel momento della vita non tenerlo, comunque non mi sono mai pentita di questa scelta, però è difficile, perché comunque nel frattempo sei incinta davvero, non so come dire, c’è … C’è una possibilità. E’ comunque una negazione, non so come dire.
Tu stai dicendo al tempo stesso sì a qualcosa però no a qualcos’altro.
Stai scegliendo di non fare una cosa. Se ti ci trovi dentro, è come se ti trovassi davanti a un bivio e dovessi scegliere che vita vuoi. A volte mi trovo a pensare “adesso potrei avere un figlio di x anni” e poi mi dico “beh cara grazia che non ce l’ho, mamma mia!” Nel senso che poi la maternità davvero non è solo contenere un bimbo, è tanto tanto di più e in quel momento non era quello che volevo. Però non frattempo passi due mesi con tutto un cambiamento ormonale, emotivo, c’è e potresti diventare mamma e questo è … è difficile.
Gli errori capitano, fanno parte della nostra complessità
In un mondo perfetto dovrebbe esserci l’informazione a tappeto, cioè l’educazione sessuale dovrebbe essere il minimo sindacale da insegnare ai ragazzi. Per non viverla così … sicuramente una maggiore facilità di accesso ai servizi, anche proprio come informazione su dove andare, un approccio meno giudicante, un maggiore coinvolgimento di chi lavora nei servizi, il sentirsi non proprio così sole. Però credo che se anche ci fosse tutto questo, rimane comunque una cosa traumatica, a prescindere.
So che alcuni psicologi parlano di sindrome post-aborto. Leggevo proprio l’altro giorno qualcosa su questo argomento che si concludeva con “ecco perché l’aborto sarebbe meglio di no”.
Io sulla base della mia esperienza dico: no, non è così. Sono due piani diversi. C’è un piano razionale e di pensiero in cui si prende un certo tipo di decisioni. E poi c’è tutto il piano emotivo. Però non è che il fatto che sia traumatico allora significa che non devo farlo.
Gli errori capitano, però questo è l’unico errore che viene colpevolizzato a prescindere. È questo il punto. Capiterà sempre il momento di svista, può succedere anche se c’è informazione, può succedere però io devo poter scegliere e devo poterlo fare nella massima tutela della mia salute al di là che questo sarà traumatico, non è un buon motivo per dire è sbagliato. È una scelta. Perché i motivi che mi possono aver portato lì sono i più disparati. Io credo che sia stata la mia storia familiare che mi ha portato a infilarmi in una situazione del genere. E quindi devo essere colpevolizzata per questo? Devo tenermi un bimbo che non voglio per questo? Mi becco il trauma piuttosto. Se non fosse stata questa l’occasione, avrebbe potuto essere una depressione post-partum o problemi nell’essere madre, chi lo sa. Sono proprio due piani separati. Mi tengo il mio trauma! Lo sto elaborando.
Mi sembra molto strumentale il fatto di dire che se c’è un trauma, allora non bisogna farlo. Si va a svilire la complessità di quello che si può provare, ma non solo in una situazione del genere, ma per la complessità della persona in quanto tale. Poi credo che sia anche molto difensivo, cioè credo che questo argomento sia molto difficile da nominare e faccia molta paura, proprio perché dietro c’è tanta sofferenza.
I ragazzi sono un disastro, alle ragazze manca auto-determinazione
Quanto al sesso, dopo questa esperienza c’è stato qualche rapporto occasionale. Però lì ormai il preservativo ce l’avevo io. Con il primo fidanzato che ho avuto è stato un disastro totale, mentre con il mio compagno attuale no. Anche perché io sono diventata tipo “power point”, “ti spiego come funziona”.
I ragazzi, i maschi, sono un disastro, ma un disastro vero. Anche quelli un po’ più evoluti che il preservativo lo usano, magari non sanno che il coito interrotto è meglio di no, neanche come funziona il ciclo femminile. Sì, si deve usare il preservativo, questa è l’informazione, nient’altro.
C’è molta responsabilità sulle donne, la contraccezione è fondamentalmente una responsabilità femminile. Anche nel dare così con leggerezza la pillola. È vero che la pillola è una stata una rivoluzione, però è un peso nel momento in cui la pillola diventa il tuo unico modo per non rimanere incinta. Allora se devo prendere una roba chimica, che comunque mi altera … diventa un controsenso.
Nelle ragazze manca l’autodeterminazione, il fatto di poter dire “ti chiedo di usare il preservativo perché mi tutelo”, c’è molta ancora vergogna, ancora molto tabù, anche se sono molto sessualizzati, figuriamoci poi gli ultimi vent’anni di politica, senza fare nomi. Però è una sessualità falsa, molto legata a stereotipi, alla televisione, a youporn gratuito, e quindi, in realtà, quando si parla di emozioni non sono capaci, non sono capaci e hanno tanto bisogno.
Sì, quando cominci a parlare con loro vedi che c’è proprio un bisogno di nominare certe cose, di essere, più che aiutati, contenuti, di avere una direzione, cioè sono proprio un po’ allo sbando. Credo che ci vorrebbe proprio una educazione ai sentimenti, alla sessualità, soprattutto nei ragazzi più giovani, con gli adolescenti.
La via educativa
Ho sempre questa idea quando vado a fare prevenzione sull’abuso dell’alcool tra ragazzi e ragazze. Io non voglio dire cosa devono fare, ma voglio dargli degli strumenti perché possano scegliere in modo libero e consapevole. Quando vado a parlare dell’alcool non dico “non dovete bere” perché sarebbe irrealistico e perché è l’età in cui bisogna sperimentare, e anche fare errori. Però gli si va a dire “guardate l’alcool fa questo questo e quest’altro, per tutelarvi dovreste cercare di rimanere in questi limiti, questo è il modo in cui potete tutelarvi, poi scegliete voi, fate quello che ritenete più giusto”. Ci vuole qualcuno che le informazioni gliele dia, se no si trovano con uno zainetto vuoto. Questo semplicemente.
È giusto fare sesso un po’ a caso, giustissimo, però bisogna sapersi tutelare, sapere anche che cos’è il sesso, che forse non è quello che vedo su youporn, è un’altra roba. Parlare di più della sessualità femminile. Questo ci vorrebbe: dare degli strumenti.
Testimonianza raccolta da Eleonora Cirant
Immagine: http://www.erikjohanssonphoto.com/#/lets-leave/
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