Sta alle Regioni organizzare e garantire i servizi previsti dalla legge 194 e, dove non lo facessero, i responsabili potrebbero essere accusati di interruzione di pubblico servizio. Lo afferma Michele Grandolfo, epidemiologo, già dirigente di ricerca all’Istituto superiore di sanità, che propone soluzioni concrete per ridurre al minimo l’impatto dell’obiezione di coscienza e garantire il miglior funzionamento dei servizi. Specifica anche, Grandolfo, che l’approccio del Ministero della salute al problema dell’obiezione di coscienza non è realistico, perché la “congruità tra risorsa disponibile e risorsa necessaria deve essere valutata a livello locale” e non su una media astratta come fa il Ministero della salute ignorando il fatto che il personale che garantisce le cure non è diffuso in modo omogeneo.
Con un tasso di abortività di 10 IVG per 1000 donne in età feconda, si calcolano 250 IVG in un anno per ogni distretto di 100mila abitanti e una media di 10 IVG ogni 15 giorni. Queste, secondo Grandolfo, potrebbero essere gestite così:
- il 20% con metodo farmacologico da somministrare in consultorio dalle ostetriche
- il 70% in anestesia locale, secondo le indicazioni internazionali di efficacia e sicurezza per la salute della donna, che si può svolgere a livello ambulatoriale perché non richiede sala operatoria né anestesisti
- il 10% in anestesia generale, questo sì in ospedali di terzo livello
I dettagli nell’intervista video:
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