La dottoressa Parvaneh Hassibi è responsabile del Centro salute e ascolto donne immigrate e loro bambini dell’Ospedale San Carlo Borromeo Milano. L’abbiamo intervistata in merito al funzionamento del Centro e dei gruppi post-IVG, cioè i gruppi che si svolgono dopo l’interruzione volontaria di gravidanza il giorno stesso dell’intervento.
Eleonora Cirant. Perché all’Ospedale San Carlo si sono potuti avviare il Centro salute e ascolto e i gruppi post-IVG
Parvaneh Hassibi. E’ avvenuto al San Carlo per intervento del Dr. Buscaglia (1), che ha sempre lottato per l’applicazione della legge 194. Lui ci diceva che chi non è obiettore fa più prevenzione degli obiettori, perché ha occasione di incontrare le donne che fanno interruzione di gravidanza e aiutarle nella prevenzione. Buscaglia è stato primario dal 1997. Con lui la pratica della salute della donna è stata molto curata. L’attenzione alle donne immigrate viene dalla posizione in cui è collocato l’Ospedale, cioè una zona ad alta incidenza di stranieri. Anche nei parti: il 40% sono straniere. Comunque non sono solo le straniere a fare IVG, ieri avevamo 5 interventi di cui 4 italiane.
Come si presenta l’andamento delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) in questo ospedale dall’apertura del Centro, nel 2006?
Negli anni, nel nostro Ospedale, abbiamo visto la riduzione del numero totale di IVG e anche una riduzione del ricorso all’IVG da parte delle donne straniere. Molti ospedali di provincia mandano le donne qui, sia per la procreazione medicalmente assistita (PMA) che per IVG. Ce ne siamo accorti analizzando i dati di una ricerca della Regione e abbiamo visto che ci sono Ospedali che non applicano la legge o che fanno pochi interventi.
Come funziona il Centro salute e ascolto e come è finanziato?
E’ attivo dal 2000, in rapporto all’aumento del flusso migratorio. Funziona grazie ad una équipe interdisciplinare e offre visite mediche e ascolto. La richiesta delle donne che vengono al Centro è molto spesso è la gravidanza, sia che la vogliano proseguire sia che la vogliano interrompere. Arrivano inviate dai consultori oppure dal passaparola, o da altri ospedali.
All’inizio era un progetto finanziato dalla Comunità europea, poi dalla Lombardia, dal 2008 è finanziato direttamente dall’Ospedale, il San Carlo e il San Paolo. Sono due servizi gemelli, nati insieme.
L’Ospedale offre gratuitamente l’inserimento della IUD, la spirale
La IUD è applicata gratuitamente in sede dell’intervento. Il San Carlo è l’unico Ospedale che spende tanti soldi per la prevenzione. Il San Carlo è chiamato nell’ambiente “l’Ospedale degli aborti”, fa tante IVG ma anche tanta prevenzione.
Un’altra iniziativa del San Carlo, unica nel panorama lombardo, sono i gruppi post-IVG.
Il gruppo post-IVG è nato dal Centro. Già nella sede della richiesta, le donne sono ascoltate e possono chiedere un consulto. Abbiamo deciso di fare i gruppi di ascolto nello stesso giorno in cui avviene l’intervento, il lunedì e il mercoledì. Verso l’una, quando è finito l’effetto della anestesia. Le donne sono raccolte in stanze grandi, con 5/6 letti, e possono parlare tutte assieme. Sono presenti la psicologa e la mediatrice culturale, quella che c’è di turno. Si presentano, danno informazioni, chiedono alle donne come si sentono, come stanno, cosa si portano a casa da questa esperienza. Ci sono le donne italiane, insieme alle straniere.
Avete un riscontro sui ritorni per la visita post-IVG?
Con l’introduzione di questa pratica, i ritorni al Cento per la visita di controllo post IVG sono passati dal 18-18% al 40%
Nei gruppi riuscite a intercettare anche le donne che interrompono la gravidanza con il metodo farmacologico, la RU486?
E’ una pratica più dispersiva, quanto a possibilità di gruppo post operazione. Con loro cerchiamo di soffermarci al momento del rilascio del certificato. Il 98% delle donne firmano la liberatoria e tornano dopo 2 giorni (2). C’è un aumento della richiesta. I colleghi in ambulatorio la consigliano quando la gravidanza è appena iniziata.
Qual è la situazione dell’obiezione di coscienza al San Carlo?
Su 12 ginecologi, 6 sono obiettori, ma 2 fanno solo l’ambulatorio e non l’intervento. 4 sono non obiettori, di cui 3 uomini e 1 donna, tutti di età compresa tra 50 e 60 anni. Ci sono due colleghe che non sono obiettrici, ci credono al diritto di scelta della donna, ma non ce la fanno più a fare IVG, stanno male. Però vanno in ambulatorio a fare le cartelle e ad accogliere le donne. Credono nella prevenzione.
Il numero di obiettori è aumentato negli anni?
Sì. Ci sono colleghi alla prima esperienza lavorativa che arrivano già obiettori
Il n. di medici che garantiscono l’applicazione della legge è sufficiente?
No. I tuoi impegni lavorativi vengono segnati da questa cosa. Ad esempio, ieri avanzava una IVG farmacologica e mi sono dovuta fermare fino alle 5 per poterlo fare perché l’altro ginecologo di turno era obiettore. Anche perché non ci sono solo le IVG, c’è tutto il resto. Noi ginecologi lavoriamo a 360 gradi e dovremmo fare tutto.
C’è una supervisione per questo ruolo così delicato?
Mai. Ce ne sarebbe bisogno.
C’è formazione nei corsi di specialità? Chi si specializza in ginecologia viene preparato a fare interruzioni di gravidanza?
Mai una lezione sull’IVG in tutta la specialità. Di IVG non si parla. Fino a 4/5 anni fa non accadeva, perlomeno. Eppure io ho un sacco di pubblicazioni sull’IVG.
Milano – 28 gennaio 2015
(1) Mauro Buscaglia è deceduto nel dicembre 2012
(2) La procedura di interruzione con metodo farmacologico richiede l’assunzione di due farmaci a distanza di tre giorni (1° e 3° giorno). In Italia le linee guida dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) prevedono il ricovero ospedaliero di tre giorni, a differenza di altri paesi europei in cui la somministrazione avviene in day hostpital. Alcune Regioni italiane (es. la Toscana) hanno promulgato specifiche linee guida che prevedono il day hospital, altre (es. la Lombardia) che prevedono il ricovero di 3 giorni. In questo secondo caso, la donna può firmare una liberatoria in cui dichiara di scegliere di uscire dall’ospedale per tornare in day hospital il terzo giorno, quando assume della seconda pillola, che provoca l’espulsione del feto.
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